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Francesco Sicilia

Nato ad Agropoli (Salerno) nel maggio del 1969

Ha pubblicato quattro raccolte di poesia:
L'amore anoressico (Montedit, 2002)
Filtro d'assenza (Edizioni Helicon, 2004)
Riflessi e sussulti / Il necessario addio (Venilia Editrice, 2006)
il mio naufragio intero (Animus et Anima, 2007)

Content manager per lo studio "maknef.communication" multimedia reseach laboratory (www.maknef.com)
Curatore della sezione poesia del "Centro Documentazione Atti Estetici VSVN"
Insieme alla poetessa e scrittrice Maria Luisa Pesce, cura il progetto "Animus et Anima - Lo Spirito delle cose e l'Anima del mondo", che è sito internet www.animusetanima.com, collane e servizi editoriali, eventi e performance artistico-letterarie.
Cura la rubrica Tracce sparse sui siti www.poetilandia.it e www.poetilandia.com
Collabora alle pagine culturali del giornale “l’informazione” (www.linformazione.eu)
Collabora con le associazioni culturali Meteora di Palazzolo sull’Oglio (Brescia) e Accademia Barbanera di Castiglione in Teverina (Viterbo), alle quali è iscritto.

 

 


“Può bastare un solo termine per definire, per racchiudere ciò che rappresenta per me la poesia? Impresa ardua, proprio come è arduo il compito della poesia: racchiudere nella singola parola la molteplicità delle sensazioni, delle visioni.
Se fossi costretto a “scovare” in me questo termine, forse sarebbe: contatto.
Contatto tra le diverse parti di me stesso: la superficie e la profondità, il conscio e l'inconscio, l'esiguo e l'illimitato. Poi, contatto con il mondo circostante, inevitabilmente legato ad un'inevitabile interpretazione, ma intanto la scrittura che si spande sul foglio bianco è l'apertura, è la mano prima contratta che ora lascia passare aria tra le dita, come lo spazio tra le parole.
Solo in questo spazio, e almeno per un istante, l'”io” incontra il “tu”; chi scrive e chi legge si fondono, in un percorrere insieme un breve tratto lungo la sterminata strada della consapevolezza.”

Invito sommesso alla poesia
E' difficile riconoscere un senso alla parola scritta, mentre l'invadenza dì immagini sempre più dilaganti toglie respiro alla sobrietà e all'ermetismo dì pochi segni tracciati su un foglio. L'abitudine alla vacuità dell'immediatezza passiva è quanto dì più estraneo al linguaggio poetico, che invece richiede fa ricerca consapevole di un accostarsi, di un soffermarsi dilatato nel tempo. Non è facile, soprattutto per chi è abituato alla fruizione di una cultura visiva che richiede ben poca elaborazione, ben poca interpretazione. C'è una scorrevolezza che apparentemente riempie, soddisfa, gratifica, e allora perché cercare un contatto sicuramente più impegnativo e, in un certo senso, faticoso?

Immaginiamo un mondo senza poesia, senza segni tracciati che richiamino simboli, che racchiudano l'essenza che dal generale riesce a condensarsi nel particolare. Mancherebbe qualcosa di fondamentale, dì irrinunciabile? Mancherebbe una forma d'arte, una delle tante. Proprio per questo potremmo farne a meno? Chiunque si accosti ad una forma d'arte, come fruitore o in quanto artista che produce, sa che ognuna traccia un percorso diverso per giungere a toccare le corde pia recondite dell'animo umano, e nessuna è sostituibile.

In un mondo senza poesia, la parola perderebbe gran parte del suo potere evocatore, e forse, col tempo, riuscirebbe solo ad espandersi sulla superficie delle cose, dei volti, delle emozioni, perdendo la capacità di penetrare e descrivere ciò che dì sommerso riesce a riportare alla luce. Mancherebbe qualcosa di difficilmente definibile, ma non per questo se ne sentirebbe meno la mancanza. L'esigenza di capire, illuminandolo e interpretandolo, l'oscuro, è di tutti, e non serve ignorarla attraversando fragori e desideri consumati con veloce ingordigia. Prima o poi, in un crepuscolo inquieto e lento, o folgorati da una sensazione (magari sprigionata da un ricordo) che costringe a fermarsi, si avverte il vuoto e, subito dopo, il bisogno di mostrarlo a se stessi e a chi sa ascoltarti. Passaggio che illumina, conforta, apre ad una conoscenza più limpida e pulsante. Sembra che tocchi il cuore delle cose, ed è proprio vero.

Cos'è, dunque, la poesia? Per chi sa ascoltarla, per chi lascia entrare nella propria vita il suo linguaggio, è il ponte di collegamento tra il conscio e  l'inconscio, tra l'evidente e il nascosto, tra la luce e l'ombra. Collegamento prezioso, offre la possibilità dì un senso che si riconosce e si rispecchia in ogni aspetto della vita.

La poesia scosta i veli con gesti lenti e coraggiosi, per questo chiede coraggio a chi voglia attraversare i suoi territori: con sorpresa, a volte anche con sgomento, arriva l'istante in cui ci si ritrova faccia a faccia con le proprie verità. Occhi nei propri occhi, senza più bagliori che distraggano. E' l'istante in cui la poesia elargisce il dono più grande: la possibilità del vero cambiamento, quello che nasce dalle ceneri feconde della consapevolezza.


(narciso anomalo)

amo la mia natura che si specchia
quello che sono è concentrato qui
davanti a me – a poca distanza
guardo con attenzione viso e spalle
e guance e mani
e soprattutto gli occhi:
quello che vedo è schegge di spavento
tanta stanchezza che non so nascondere
e la fatica di chi arranca e molto
perché stupidamente corre verso il centro
così – vedete – sono un narciso anomalo
ben poca compiacenza mi accompagna
e la spavalderia è cosa ignota

 


Una cosa che vediamo per la prima volta magari ci spaventa, o ci meraviglia, o ci piace da morire: in ogni caso ci emoziona. Se però continuiamo a vederla, la cosa è sempre la stessa, ma noi non ci emozioniamo più. Le emozioni, ripetendosi, diventano sempre più deboli.

In realtà siamo noi stessi a preferire così: provare delle emozioni dà anche fastidio; è faticoso venire continuamente bersagliati dalle freccette delle nostre emozioni che un momento sono tristi e un momento sono allegre: su e giù, è come andare in ottovolante. Allora cerchiamo di difenderci: “Che in ottovolante ci vadano gli altri, io voglio stare tranquillo!”.

Così, a poco a poco, riusciamo a emozionarci sempre meno. Però cominciamo ad annoiarci. Infatti, se è vero che le emozioni possono darci fastidio, abbiamo visto che sono proprio le emozioni a provocare quel misterioso cortocircuito tra noi e la realtà che mette in moto i nostri desideri e i nostri sentimenti e che ha a che fare anche con la nostra memoria, le nostre fantasie, i nostri sogni: senza emozioni, tutto questo si ferma. Allora, che vita è?

Perciò, a un certo punto, ci mettiamo alla ricerca di qualcosa che possa emozionarci di nuovo. Ma siccome siamo diventati meno sensibili ci toccherà fare qualcosa di molto insolito, per esempio un viaggio in Africa. E poi, per le stesse ragioni, anche l'Africa ci verrà a noia.

Il poeta invece fa proprio il contrario: in Africa magari non sente neppure il bisogno di andarci, perché ha già tante emozioni stando a casa sua. Lui le emozioni infatti è contento di averle, anzi, la sua lancetta delle emozioni col tempo diventa sempre più sensibile, finché è capace di fare balzi grandissimi per emozioni da niente: è una lancetta che registra, per così dire, anche i movimenti dei fili d'erba. Lui, le cose, è come se le vedesse sempre per la prima volta. E questo gli è indispensabile. Senza questo modo di “vedere le cose” niente può trasformarsi in poesia.

Ma mentre la maggior parte delle altre persone subiscono le emozioni come uno che prenda alternativamente sulla testa uno scroscio d'acqua e un colpo di sole, il poeta fa quello che un cow-boy fa con i cavalli: invece di spaventarsi, li costringe a lasciarsi cavalcare.

E quando li avrà addestrati, la loro forza selvaggia diventerà perfezione di movimenti, leggerezza, eleganza nel saltare gli ostacoli più difficili. Vi sembra strampalato paragonare un poeta a un cow-boy? Di solito si pensa a un poeta come a qualcuno di triste, pallido, fragile, sospiroso. Niente di più sbagliato. Il poeta dev'essere una persona molto forte, se vuole riuscire a imbrigliare le emozioni.

Certo, i cow-boy corrono anche dei rischi. E ci sono poeti, sbalzati di sella dalle loro emozioni, che qualche volta ci hanno rimesso la vita. Ma in quei casi sarebbero stati ugualmente travolti dai cavalli lasciati a se stessi, in fuga davanti a qualcosa che li riempiva di terrore. Mentre non sono rari i poeti che arrivano a un'età molto tarda ancora dotati di sorprendente energia.

(tratto da La poesia salva la vita di Donatella Bisutti)